giovedì 12 luglio 2012

Il surrealismo e la scultura di Alberto Giacometti

Dalle ceneri del dadaismo e della pittura metafisica nasce il surrealismo. André Breton ne redige il manifesto nel 1924 presentando un movimento artistico che sulla base delle scoperte freudiane rivaluta la sfera dell’inconscio, dell’immaginazione e del sogno. Contro la logica e la ragione si afferma la “religione del caso” che permette di lavorare con il proprio inconscio e agire in totale libertà, liberi cioè da qualsiasi condizionamento. Breton parla della cosiddetta “scrittura automatica”, il processo grazie al quale l’artista registra ogni pensiero o immagine gli sorga, senza alcun limite razionale. In effetti, la parola “surrealismo” cela un significato complesso: viene inteso come “automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altri modi, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero, con assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica o morale.” I pittori e gli scultori che aderiscono a questa corrente danno libero sfogo ai propri desideri irrazionali, i quali agiscono sul mondo reale per trovarvi adeguata soddisfazione. Che significa? In “L’amour fou” Breton racconta di una passeggiata con Alberto Giacometti al mercato delle pulci. I due amici vengono attratti rispettivamente da due oggetti diversi, un gran cucchiaio di legno e una maschera di metallo. Si renderanno conto solo inseguito che queste scelte, apparentemente casuali, sono in realtà connesse al loro mondo interiore e rispondono a una loro esigenza inconscia. Nel caso di Giacometti, l’oggetto in questione risultò fondamentale per la conclusione della sua opera intitolata “L’oggetto invisibile”(1934-1935); La maschera di metallo, infatti, servì come spunto per la testa della sua scultura. Inquietante e misteriosa, questa figura femminile stringe tra le mani un oggetto invisibile o il vuoto stesso, a seconda dei punti di vista. C’è qualcosa, eppure non si vede. Ecco l’emblema dell’esistenza dell’uomo, alla perenne ricerca del proprio “oggetto” che sembra sempre trovarsi al di fuori della propria portata.
L’opera di Giacometti che costituisce più di ogni altra il simbolo della sua esperienza surrealista è “Sfera sospesa”(1930-1931), molto apprezzata da André Breton per la sua allusività alla sfera sessuale. La scultura è composta da tre semplici elementi: una gabbia aperta con un ripiano all’interno, un’oggetto a forma di mezzaluna disposto su questo ripiano e una palla sospesa a un filo fissato sulla parte superiore della gabbia. Sulla parte inferiore della sfera sospesa è incisa una fenditura anch’essa a forma di mezzaluna. L’opera offre perciò un movimento reale che può essere creato dallo spettatore stesso. La palla, oscillando a destra e a sinistra fa nascere un rapporto “virtuale” tra la sua fenditura e la mezzaluna sottostante: queste forme sembrano accarezzarsi a vicenda, ma in realtà, questo viene ostacolato dal fatto che il filo che sostiene la palla è leggermente troppo corto perché i due elementi dell’opera si tocchino realmente. Tutti coloro che hanno visto funzionare un tale oggetto hanno provato un'emozione violenta e indefinibile, in rapporto probabilmente a inconsci desideri sessuali. Ma il sentimento che nasce di fronte a un'opera del genere non trasporta affatto verso quella che può essere una soddisfazione. Costituisce anzi l’irritante percezione di un atto non riuscito che lascia quindi completamente insoddisfatto il fruitore dell’ opera.
Corrente multidisciplinare e organizzata, il surrealismo, attuando un rinnovamento di portata internazionale sul piano artistico e seguendo una politica sostanzialmente antiborghese, liberò l’individuo dalle convenzioni sociali e fondò la propria ideologia sul sogno, sulla follia e sulla la ricerca dei contenuti inconsci come mezzi di fuga dalla razionalità. Valentina Coccu

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